Perché siamo così ossessionati da quello che leggono gli altri?
come e perché il performative reading sta cambiando il nostro approccio alla lettura
Niente di serio è una newsletter settimanale su libri e cultura a cura di Alice Donato, content creator cronicamente online.
Come la moda e i social stanno trasformando i libri in accessori da indossare
Se è vero che leggere in pubblico non è necessariamente un atto performativo, condividere le proprie letture online probabilmente lo è (colpevole, vostro onore!). Oggi mostrare e consigliare libri sui nostri profili social è una pratica così comune da avere il potere di influenzare il mercato editoriale.
Lo dimostra il fatto che basta un video virale per far esplodere le vendite di romanzi usciti dieci anni fa e ignorati da tutti, come nel caso di Io che non ho conosciuto gli uomini di Jacqueline Harpman che abbiamo letto per il mio book club bolognese. Per questo dobbiamo sicuramente ringraziare (o forse no, dipende dai punti di vista) il BookTok, che negli ultimi anni ha reso la lettura molto più accessibile e definitivamente aesthetic. Sì, perché se in passato leggere era roba da nerd, oggi i libri sono il nuovo accessorio da sfoggiare nei fit check su TikTok.
Forse però è arrivato il momento di chiederci se rendere glamour un’attività che è sempre stata solitaria e introspettiva, più che incentivare le persone a leggere non stia trasformando i libri da oggetti culturali a semplici accessori da indossare. Nella newsletter di oggi parliamo di performative reading e di come questa pratica stia cambiando il nostro approccio alla lettura.
TikTok sta rovinando la letteratura?
Su TikTok leggere è diventata un’estetica: pile di libri immacolati, evidenziatori color pastello, book haul di decine di titoli da consumare in fretta (o mai) e nessuna riflessione autentica. Quei libri vengono letti davvero? Chi lo sa, ma sicuramente sono lo sfondo perfetto per un video su TikTok. Leggere più che un modo per riconnettersi con sé stessi e con gli altri e per capire meglio il mondo, sembra essere diventata una strategia di personal branding.

E a proposito di chi finge di leggere mi sembra doveroso approfondire due delle figure più chiacchierate del booktok in questo momento: le literary it girls e i performative guys.
Tra un video di critica culturale e un consiglio di lettura, le literary it girls popolano internet (perché esistono solo lì). Tra foto scattate al museo e alle presentazioni di libri e inviti alle sfilate di moda, trovano il tempo di leggere in un mese quanto una persona comune in un anno. Belle ma disinteressate al proprio aspetto, introverse e cronicamente online (anche se mentono spudoratamente a riguardo). Se Rory Gilmore avesse avuto un profilo TikTok probabilmente serebbe stata una literary it girls. Questa nuova forma di intellettualismo può essere interpretata a primo impatto come il rifiuto degli standard di bellezza contemporanei, ma semplicemente apparire intellettuali oggi è cool (molto più che esserlo).
A quanto pare oggi per gli uomini leggere in pubblico (soprattutto letteratura femminista, obv) funziona meglio delle dating apps e i performative guys lo sanno bene. Per loro leggere un libro in un bar sorseggiando specialty coffee o al parco seduti su una panchina non è un gesto spontaneo, ma una strategia per dimostrare alle donne di essere diversi e in grado di connettersi con loro a un livello più profondo rispetto agli altri uomini. Gli elementi distintivi sono: una borsa di tela con il logo di qualche museo, i baffi, un libro che non leggeranno mai e una foto del loro beniamino Jacob Elordi che si aggira per l’aeroporto di Sidney con un libro infilato nel taschino dei pantaloni.

I libri sembrano essere l’accessorio più cool del momento
Cosa c’è in comune tra Chiara Ferragni che legge L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera a bordo piscina, Jacob Elordi che gira per l’aeroporto con un libro infilato nel taschino posteriore dei jeans e Gigi Hadid che esce da uno show della Milano Fashion Week stringendo una copia dello Straniero di Albert Camus? I libri ovviamente, che sembrano essere l’accessorio più cool del momento.
Professione book stylist: i libri come personal branding
Ad aprile un giornalista del New York Times ha confermato il sospetto di molti: a quanto pare non solo i libri sono i nuovi accessori moda da indossare, ma c'è già chi viene pagato per sceglierli. La professione del book stylist consiste nell’aiutare le celebrities a scegliere con quali libri farsi fotografare dai paparazzi per dare alla propria immagine pubblica la giusta aurea di profondità e mistero. Poco importa se il libro è stato letto davvero, i romanzi diventano una forma di personal branding curata nei minimi dettagli come un outfit o una storia su Instagram.

Perché tutte le celebrities hanno un book club?
Negli ultimi anni diverse modelle, attrici e influencer hanno aperto il proprio book club. Infatti, se in passato leggere nella cultura pop era considerato quasi un hobby da sfigati, oggi è uno status symbol. Il libro è tornato a essere un oggetto da esibire, un’estensione visiva della propria identità capace di veicolare gusti, valori e la propria visione del mondo. Non stupisce quindi che le celebrities usino il proprio book club come strumento di personal branding. Anche la moda non si è fatta sfuggire l’occasione, creando iniziative di successo come il Miu Miu Literary Club. In un’epoca in cui mostrarsi intelligenti (ma non esserlo davvero) è diventato finalmente cool, leggere il libro in trend è una dichiarazione silenziosa, ma potentissima. Se in un certo senso è comunque ammirevole che personaggi famosi usino la propria influenza per promuovere la letteratura, la domanda sorge spontanea: è ancora possibile sviluppare un pensiero originale se leggiamo tutti gli stessi libri?
Il performative reading sta cambiando il nostro approccio alla lettura?
Quindi cosa resta della cultura nell’era del performative reading? Come facciamo a distinguere chi legge veramente i libri che ci consiglia da chi li considera solo una strategia di marketing? Non ho tutte le risposte, ma rimango ottimista e penso che dal momento che il marketing sfrutta continuamente le nostre insicurezze per venderci cose di cui non abbiamo bisogno, spingere le persone a comprare libri non sia lo scenario peggiore. Certo, tutto dipende da che libri, ma questo magari sarà l’argomento di un’altra newsletter. Voi cosa ne pensate?
Alla prossima settimana,
~Alice~
Sono una lettrice forte dall' età di cinque anni e francamente i libri sono talmente un mondo intimo e mio che non mi fa né caldo né freddo sapere che anche Chiara Ferragni legge. Al limite noto che le persone che leggono in spiaggia sono SEMPRE all' inizio di un libro o mi viene una leggera pelle d'oca quando sento di persone che ordinano i libri per colore, ma chiunque voglia indossare libri, lo faccia pure.
Hai ragione da vendere (libri appunto! 🤣) già un passo è che si parli di libri e con il tuo book club si va verso la direzione giusta. Magari con l’effetto domino > tra tanto qualcuno ne legge uno consigliato > si appassiona > consiglia a sua volta > trova gruppi o persone che leggano davvero e torniamo tutti più onesti. Ci concentriamo sull’essere, su come ci fa stare bene leggere e non solo sull’apparire o su come è cosa gli altri penseranno di noi. Superata la superficie forse torneremo tutti un po’ meno patinati ma
Più autentici ! Brava 👏 keep going